“Il presente decreto è diretto a individuare le modalità di attuazione dell’intervento agevolativo definito dal Decreto interministeriale 6 dicembre 2021, per la concessione e l’erogazione delle agevolazioni in favore di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione funzionali allo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale, blockchain e internet of things, secondo quanto stabilito all’art. 3, comma 2, lett. a) del Decreto, anche mediante il paradigma del metaverso”[1].
È così che si apre l’art. 1 del Decreto direttoriale del 24 giugno 2022, in cui il Ministero per lo Sviluppo Economico ha deciso di stanziare dei fondi per tutti coloro che decidono di fare “internet things” anche nel metaverso.
Certo, lo stanziamento di fondi da parte del Ministero è una presa di posizione estremamente importante, è confortante pensare che ci stiamo allineando ai Paesi più tecnologicamente sviluppati in quanto a intelligenza artificiale, blockchain et similia.
Ma in un paese in cui il 55% dei lavoratori ha più di 55 anni[2] e la maggior parte di questi ha solo delle conoscenze informatiche base, non sufficienti per addentrarsi nel fantastico mondo del virtuale, siamo davvero sicuri di essere pronti?
Non solo, siamo davvero sicuri di essere pronti, quando già all’articolo 1 del Decreto, articolo in cui vengono fornite le definizioni che si ritroveranno nel testo, non v’è nessuna traccia di una definizione di “metaverso”?
Sembra impensabile, infatti, che vengano erogati dei fondi – anche abbastanza ingenti, poiché si parla sino a 2 milioni di Euro – come aiuto alle imprese, quando ancora non si ha una precisa definizione giuridica di cosa sia il metaverso e delle normative che possano essere applicate all’interno.
Ma facciamo un passo indietro.
Ciò che ad oggi è possibile associare al metaverso, normativamente parlando, è probabilmente tutto quel mondo che si sviluppa intorno e all’interno di internet e, più nello specifico, dei social media e social network.
Se il metaverso è uno spazio in cui le persone possono muoversi, creare contenuti e interagire con altri, i social lo sono sicuramente stati qualche anno prima e con le dovute, ma non lontanissime, differenze.
Per social media si intendono “tutti gli strumenti online utili alla creazione e alla diffusione dei flussi di comunicazione partecipativa tra le persone”[3] e di cui distinguiamo diverse tipologie, tra cui i social network, quel servizio online che “può definirsi social network per la funzione specifica di consentire o agevolare la gestione delle proprie relazioni sociali, offrendo la possibilità di creare, condividere e fruire contenuti, informazioni e conversazioni”[4].
Ciò che il metaverso promette e che sta iniziando a fare è quello di creare uno spazio ancora più interattivo dei social, una vera e propria società online, ma non così differente. Come non così differenti sono le problematiche giuridiche che si stanno ponendo, ancora non risolte in ambito social, figuriamoci nella realtà virtuale.
Come qualsiasi società, infatti, anche quella dei social e del metaverso, non può essere avulsa da normazione, in quanto, proprio per questa caratteristica unica nel panorama giuridico, economico e sociale di essere uno specchio della società “offline”, è necessario che tutto ciò in esso è contenuto sottostia alle discipline vigenti negli ordinamenti statali.
Se così non fosse, si rischia di creare spazi privi di qualsivoglia regolazione e in cui chiunque può operare nella più totale anarchia.
Un primo problema che potrebbe porsi è proprio quello dell’esatta identificazione della persona/utente, che potrebbe facilmente “nascondersi” dietro l’anonimato o, peggio, dietro false generalità rilasciate al momento della registrazione; per accedere al mondo virtuale e per interagire con gli altri all’interno di esso, l’utente ha la necessità di creare un profilo, che deve corrispondere alla sua identità reale.
Immaginiamo di andare in ufficio nel metaverso: è necessario che i nostri colleghi ci riconoscano per interagire con noi, così come fanno oggi su piattaforme di remote working come Teams.
Sui social, però, spesso accade che, per sfuggire dalle responsabilità di un uso improprio di questi, l’utente crei un profilo personale fittizio, che gli permette di nascondersi dalle conseguenze legali derivanti dalle sue azioni e da eventuali comportamenti scorretti e illeciti.
Allo stesso modo, è possibile creare un avatar su piattaforme come Decentraland, senza necessariamente fornire i nostri dati reali.
Tutti questi aspetti ricomprendono una miriade di materie che sono già disciplinate nel mondo reale: possono configurarsi, per esempio, fattispecie attinenti sia al diritto penale sia al diritto privato, o, ancora, le discipline previste dal diritto commerciale e costituzionale.
Ad oggi, esistono una serie limitata di diritti che ha trovato un’estensione anche nel mondo online, primo tra tutti il diritto all’immagine.
Per tutto quanto detto sopra, è necessario che nelle società online ci sia una protezione giuridica dei propri dati personali (nome, immagine, identità), che si verifica, per esempio, nel momento in cui l’utente crei un profilo falso, pubblicando sui social foto della persona a cui “ruba” l’identità, o, come potrebbe accadere nel metaverso, rubando il nome ad un’altra persona.
La giurisprudenza di legittimità ha insegnato come, in un caso come questo, “integra il reato di sostituzione di persona ex art. 494 c.p., la condotta di colui che crei ed utilizzi un “account” su un social network (nel caso di specie Facebook) al fine di commettere il reato di molestia e disturbo alle persone e per occultare la propria identità, inducendo altri in errore”[5].
E nel caso in cui un avatar ne insulti un altro nel metaverso, magari pubblicamente?
La risposta arriva sempre in ambito social: la Corte di Cassazione ha riconosciuto come caso di diffamazione aggravata la pubblicazione di post offensivi sulla bacheca di una persona e, in particolare, di un ex fidanzato. La Corte, dunque, con una sentenza del 2018 ha condannato il soggetto ai sensi dell’art. 595, co. 3 del codice penale (“Diffamazione a mezzo stampa”)
Anche il diritto d’autore ha trovato una declinazione nel mondo virtuale, necessità avvertita proprio perché gli utenti amano condividere immagini e foto; però, la pubblicazione di una fotografia sulla pagina personale di un social non costituisce di per sé la prova della titolarità dei diritti di proprietà intellettuale su quel contenuto, ma, nonostante ciò e in mancanza di altre evidenze probatorie di segno contrario, tale circostanza può essere considerata una presunzione grave, precisa e concordante, tanto da poter ritenere che la titolarità dei diritti sia in capo a colui che ha pubblicato il post (Trib. Roma 1° giugno 2015)[6].
Possiamo dire lo stesso dell’esposizione di una mostra nel metaverso in cui vari autori mostrano le loro opere? O anche, nel recente caso della metaverse fashion week, siamo certi che le maison che hanno partecipato sono unici titolari delle creazioni che hanno sfilato?
O meglio, nel momento in cui un utente avesse fatto uno screenshot di un look in passerella, questo poi non avrebbe la titolarità di far girare quelle immagini. In questo caso, infatti, si parla di diritti d’uso, tanto cari alle aziende, che non possono essere lasciati alla mercé di chicchessia, ma che sono solitamente oggetto di faticose – e costose – contrattazioni, per cui non si può pensare che le aziende corrano un rischio simile.
Come si può dedurre da questa breve disamina, parecchie sono le problematiche sui social e che si riversano anche nel metaverso, poiché la sua configurazione normativa è ancora paurosamente limitata.
[1] Decreto direttoriale 24 giugno 2022 – Fondo intelligenza artificiale, blockchain e internet of things. Modalità e termini per concessione ed erogazione delle agevolazioni, https://www.mise.gov.it/index.php/it/normativa/decreti-direttoriali/decreto-direttoriale-24-giugno-2022-fondo-per-interventi-volti-a-favorire-lo-sviluppo-delle-tecnologie-e-delle-applicazioni-di-intelligenza-artificiale-blockchain-e-internet-of-things-modalita-e-termini-per-concessione-ed-erogazione-delle-agevolazioni-2.
[2] https://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/notizie-alfabeto-della-pubblica-amministrazione/05-07-2021/pa-necessarie-piu-di-700000#:~:text=L’et%C3%A0%20media%20%C3%A8%20di%2050%2C6%20anni.
[3] A. PRUNESTI, Social media e comunicazione di marketing. Presidiare la Rete, costruire relazioni e acquisire clienti innovando l’esperienza utente, Milano, 2016, pag. 25.
[4] M. MASSAROTTO, Social Network – Costruire e comunicare identità in rete, 2011.
[5] Cass. pen., Sez. V, 26 febbraio 2014, n. 9391.
[6] E. FALLETTI, I social network: primi orientamenti giurisprudenziali, in Il corriere giuridico, 7, 2015, p. 995.