Hanno fatto scalpore le parole del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov nel programma Mediaset Zona Bianca, non solo per la discutibile scelta editoriale di non fornire al Ministro un contraddittorio o quantomeno un fact checker – potremmo parlare per ore della qualità dei talk show italiani e comunque non cavarne un ragno dal buco – ma anche perché ora sembra che questo avrà conseguenze sul piano geopolitico. Israele infatti, inizia a valutare l’invio di armi all’Ucraina.
Era pressoché imprevedibile che un politico astuto ed esperto come Sergei Lavrov scivolasse su fake news degne del bar di paese. Sostenere che Adolf Hitler fosse in realtà ebreo, perché i peggiori antisemiti sono gli ebrei stessi, ha causato un’onda d’urto che dagli studi di rete 4 è piombata d’improvviso su Tel Aviv, e, forse, anche sulla situazione in Ucraina.
La linea è stata oltrepassata. Yair Lapid, omologo israeliano di Lavrov, ha risposto con un tweet al veleno: “Le parole del Ministro Lavrov sono un’affermazione imperdonabile e oltraggiosa, oltre che un terribile errore storico. Gli ebrei non si uccisero da soli nell’Olocausto. Il più basso livello di razzismo contro gli ebrei è accusarli di antisemitismo”.
E sì che ce n’è voluta per smuovere Tel Aviv dall’iniziale posizione di partenza. C’è voluto Adolf Hitler.
Ad inizio guerra, il Primo Ministro israeliano Naftali Bennet si è mosso molto cautamente, condannando la violenza e auspicando la difesa dei diritti umani, che poi sono sempre le due ottime stampelle per dire qualcosa senza mai dire nulla.
Non si pronunciava insieme all’Occidente, storico alleato, per un’ottima ragione: la guerra civile siriana. Infatti, da quando è scoppiata quella che è diventata la definizione scolastica di proxy war, Israele effettua spesso incursioni nello spazio aereo siriano per abbattere elementi legati a doppio filo con l’Iran, come le milizie libanesi di Hezbollah.
La Russia, alleata di ferro del regime di Bashar al Assad, ha sempre chiuso un occhio su queste micro invasioni. Ottimo motivo per non sbilanciarsi troppo sulla condanna della guerra in Ucraina.
Tel Aviv ha sfruttato finché ha potuto i vantaggi della sua posizione attendista. Fin dai giorni successivi all’invasione, gli sforzi diplomatici di Bennet e Lapid sono stati impressionanti. Si sono districati entrambi fra chiamate e visite a Vladimir Putin, a Volodimir Zelenskij, a Macron, ad Olaf Scholz e in un meeting triangolare con Blinken e Edgars Rinkēvičs (Ministro degli Esteri lettone). Questa alacre tessitura non ha però dato i frutti sperati. Israele concorreva con la Turchia per il ruolo di mediatore, e lo stacco ampio e ormai irrecuperabile è arrivato con l’annuncio dei negoziati di pace ad Antalya, meta turistica turca.
Nei giorni seguenti, inoltre, la delegazione israeliana all’ONU si era persino rifiutata di co-sponsorizzare una risoluzione di condanna al Consiglio di Sicurezza.
Niente che una chiamata del Segretario USA non potesse risolvere, chiaro. Dopo aver chiamato tutti i suoi alleati della regione, in Assemblea Generale la risoluzione di condanna della Russia è passata con 140 voti a favore, Israele incluso. Anche il miglior pragmatismo ha dovuto fare spazio ai vecchi e solidi rapporti di alleanze.
Da lì in poi, vedendo sfumato il sogno di dominare la scena internazionale con la mediazione di guerra, Bennet si è occupato di mandare ospedali da campo e aiuti umanitari, provvedendo ad ospitare quanti più rifugiati ebrei ucraini possibile. Il divario fra Mosca e il resto del mondo (occidentale) si è ampliato talmente tanto che nemmeno Tel Aviv ha potuto più tacere, condannando i presunti crimini di guerra commessi sul suolo ucraino.
La Russia ha fatto sapere che le parole di condanna del governo israeliano suonano leggermente incoerenti, dato che nel 1967 Tel Aviv ha fatto con le alture del Golan siriane ciò che oggi Mosca sta facendo con l’Ucraina: le ha invase preventivamente per difendersi da minacce esterne. Attualmente le alture del Golan sono ancora occupate illegalmente da Israele, e anche lì le Nazioni Unite avevano condannato con una risoluzione. Viene naturale sperare che, in questo caso, non debba passare così tanto tempo perché l’ONU faccia uno sforzo in più.
Le parole di Lavrov su Rete 4 hanno quindi contribuito ad alimentare ancora di più le tensioni internazionali intorno alla guerra in Ucraina. Israele, probabilmente in un momento d’impeto, mette in discussione l’invio di armi a Kiev.
Ad oggi Tel Aviv si sta limitando esclusivamente al rifornimento di elmetti e giubbotti antiproiettile, ma considerando che il suo principale alleato, Washington, è il Paese che sta fornendo più aiuti di tutti gli altri messi insieme (o quasi), non è detto che la mossa ulteriore possa considerarsi solo impulsiva, ma anche strategica. Il 5 di maggio, Putin ha comunque chiamato Bennet per scusarsi delle parole di Lavrov sull’Olocausto, quale sintomo della paura della Russia nei confronti di Israele e di come Putin tema e voglia evitare un conflitto che assuma dimensioni epocali.
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SEI IN GAMBISSIMA e molto più attendibile di tanti geni ciarlatani sedicenti esperti in materia. Grazie Carola 🙂