Quell’amore dei nostri leader per la Russia di Putin

Putinversteher è una parola tedesca che viene utilizzata per definire i personaggi pubblici (giornalisti, imprenditori, politici) che hanno facilitato l’ascesa di Vladimir Putin, abilitandolo presso le opinioni pubbliche occidentali. Questo termine potrebbe essere benissimo applicato a tutti i presidenti del consiglio degli ultimi venti anni. Forse proprio per questo il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, nell’intervista su Rete 4 si è detto sorpreso dall’atteggiamento intransigente dell’Italia, con il premier Mario Draghi in prima fila nel sostenere il popolo ucraino, attraverso l’invio di armi e il sostegno all’intero pacchetto di sanzioni deciso dall’Ue e dagli altri paesi alleati quali Stati Uniti, Regno Unito e Canada. L’Italia infatti è stata tra i paesi del blocco occidentale che hanno maggiormente intrattenuto rapporti amichevoli con la Russia di Putin, il quale sperava che anche questa volta la posizione italiana avrebbe mitigato la risposta occidentale, alleggerendo le sanzioni e frenando sull’invio di armi. I sondaggi fotografano una buona parte del paese comprensiva della posizione russa: tra le cause di questa posizione risulta difficile non menzionare l’atteggiamento che i vari governi – di centrodestra, centrosinistra o di larghe intese – hanno tenuto con la Federazione Russa a partire dall’insediamento di Putin agli albori del XXI secolo. Non solo Berlusconi e Conte (con Salvini vicepremier), ma anche i vari Prodi, Letta e Renzi (oggi in prima fila nel condannare l’invasione russa) hanno portato avanti una politica di amicizia con Mosca, che nemmeno l’invasione della Crimea nel 2014 è riuscito a scalfire. Cerchiamo di riassumere qui venti anni di relazioni Italia-Russia, e sarà facile capire perché Lavrov è così sorpreso della posizione italiana oggi.

Berlusconi e lo spirito di Pratica di Mare

Vladimir Putin diventa Presidente della Federazione Russa il 31 dicembre 1999, a seguito delle dimissioni di Boris Eltsin, e viene confermato alle elezioni presidenziali, il 26 marzo dell’anno successivo. I leader occidentali vedono Putin come un riformatore, capace di portare avanti quel percorso di riforme liberali che stava trasformando la Russia da paese socialista a democrazia sul modello occidentale. Il primo Presidente del Consiglio che incontra è Silvio Berlusconi, con cui stabilirà un rapporto che andrà ben oltre la sincera collaborazione. L’apice lo si raggiunge il 28 maggio 2022, quando Berlusconi organizza a Pratica di Mare un vertice a cui partecipano la Russia e i paesi membri della Nato, che firmano un’intesa per la lotta al terrorismo. Sembra il preludio ad un ingresso della Russia nella Nato o comunque l’avvio di un’alleanza stabile e duratura, ma pochi anni dopo Putin, nel discorso alla conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007, criticherà fortemente l’allargamento della Nato ai paesi dell’ex blocco sovietico, e fermerà il processo di espansione con le armi, quando nell’estate del 2008 invade la Georgia, paese candidato a entrare nell’alleanza atlantica. Questo tuttavia non incrinerà minimamente i rapporti italiani con Mosca.

Berlusconi infatti non si ferma al rapporto professionale, ma instaura con il presidente russo un vero e proprio rapporto di amicizia, fatto di vacanze insieme con soggiorni nelle rispettive residenze in Sardegna e sul Mar Nero. Il nome di Putin entrerà anche nella vicenda del bunga bunga, quando la escort Patrizia D’Addario dichiara di aver passato la notte con il premier italiano su un letto regalatogli dal nuovo zar. Un rapporto così stretto non poté che favorire le relazioni commerciali tra i due paesi, con nuovi contratti sulle forniture di gas che verranno stipulati in quegli anni, aumentando quella dipendenza energetica dalla quale oggi cerchiamo a fatica di liberarcene.

Prodi: “Un amico come Berlusconi”

La situazione non cambia quando nel 2006 Berlusconi cede la guida del governo a Romano Prodi, a capo della coalizione di centrosinistra che vince di misura le elezioni. Prodi aveva già curato il miglioramento delle relazioni euro-russe da Presidente della Commissione Europea, e sotto il suo governo chiude il contratto di partnership tra Eni e Gazprom, avviato dal governo precedente. In un momento in cui la neo eletta cancelliera tedesca Angela Merkel si mostra tiepida con la Russia, l’Italia è pronta a sostituirsi alla Germania come principale partner europeo, e l’incontro di Sochi tra Putin e Prodi, nel gennaio del 2007, va in questa direzione. C’erano già stati gli omicidi mirati di Anna Politkovskaja e Aleksandr Litvinenko, oltre ai crimini di guerra commessi dalle forze militari russe in Cecenia, ma i nostri leader continuavano a vedere Putin come un partner più che affidabile, financo un amico. Sia Berlusconi che Prodi continueranno a frequentare il leader russo ad anni di distanza dall’aver ricoperto ruoli di governo: Berlusconi continua a invitare Putin in Italia (memorabile l’incontro del 2013 a Palazzo Grazioli in compagnia del cagnolino Dudù), e viene ricambiato con un invito in Crimea nel settembre del 2015, un anno e mezzo dopo l’annessione illegale della penisola alla Russia. Prodi invece incontra Putin prima il 18 dicembre 2014, in qualità di presidente della Fondazione per la cooperazione tra i popoli; e poi in una visita privata nel novembre 2017, nella residenza di Sochi, al termine della quale Putin definirà amichevoli i rapporti con i due ex premier italiani.

Monti: “Piena sintonia con la Russia”

Dopo la caduta del governo Prodi nel 2008 e il ritorno di Berlusconi, nel 2011 il Cavaliere viene sostituito da Mario Monti, che guida un governo di unità nazionale per gestire la pesante crisi economica. Sui rapporti con la Russia, Monti non si discosta molto dai suoi predecessori. L’ex rettore della Bocconi si reca a Mosca nel luglio del 2012, e oltre a Putin incontra il primo ministro Medvedev e il patriarca della Chiesa ortodossa Kirill (oggi forte sostenitore dell’invasione dell’Ucraina, da lui definita “un covo di omosessuali e satanisti”). In quell’occasione vengono siglati vari accordi commerciali: tra Poste italiane, Finmeccanica e poste russe, Eni e Rosneft, Intesa Sanpaolo e Gazprombank, Sace e Vtb, Techint e Norilsk Nickel. Al termine del viaggio Monti si disse molto soddisfatto dei colloqui e dichiarò di essere in piena sintonia con Putin, esprimendo la volontà di rilanciare la partnership strategica tra Italia e Russia.

Letta, i 28 contratti e l’invito a Sochi

Enrico Letta è oggi tra i più decisi sostenitori della causa ucraina, spingendo per un inasprimento delle sanzioni e per ulteriori invii di armamenti per contrastare l’invasione russa. Ma quando era Presidente del Consiglio anche lui poteva essere definito un Putinversteher. Era il 27 novembre 2013 quando Letta e Putin si incontrarono a Trieste per la firma di 28 intese commerciali e sette accordi bilaterali, riguardanti principalmente il settore energetico, metallurgico e finanziario. «È la dimostrazione della disponibilità, dell’amicizia e della voglia di cooperare insieme», commentò Letta, mentre in Ucraina iniziavano le prime manifestazioni di Euromaidan, con l’allora presidente Yanukovich che aveva rinunciato a sottoscrivere l’accordo di associazione con l’Unione Europea a seguito delle pressioni di Mosca. Letta è stato anche l’unico capo di governo di un paese Ue (insieme all’olandese Rutte) a prendere parte alla cerimonia d’inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Sochi, il 7 febbraio 2014. Sono passati solo sette anni, ma nel frattempo è cambiato tutto.

Renzi, il fornitore di armi (nonostante le sanzioni)

Matteo Renzi è stato il primo Presidente del Consiglio a gestire i rapporti con la Russia dopo l’annessione della Crimea, alla quale l’Unione Europea ha risposto con un pacchetto di sanzioni, seppur ben più leggero rispetto a quelle comminate dopo l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio. Renzi comunque si distingue in campo europeo per una posizione a dir poco soft nei confronti di Putin: fu il suo governo ad aggirare il divieto di esportazioni di armi ed equipaggiamenti militari verso la Federazione Russa deciso nel luglio 2014, autorizzando nel 2015 la vendita di 94 blindati Iveco, per un valore di 25 milioni di euro. Più volte Renzi si è detto favorevole ad un alleggerimento delle sanzioni per non danneggiare l’economia italiana, e il 17 novembre 2015, rispondendo ad una domanda dell’allora direttore de La Stampa Mario Calabresi, disse in maniera perentoria: «Sì, ci possiamo fidare di Putin». Quando nell’autunno del 2016 l’Unione Europea valuta nuove sanzioni contro la Russia in seguito alle sistematiche violazioni di diritti umani in Siria, Renzi si oppone, bloccando di fatto il nuovo pacchetto. Erano gli anni in cui Salvini sfilava sulla Piazza Rossa di Mosca con la maglietta di Putin, ma tutto sommato lo zar poteva fare affidamento anche sull’altro Matteo, che successivamente entrerà anche nel Consiglio di Amministrazione di Delimobil, una società di car sharing partecipata dal governo russo. Si dimetterà solo il 24 febbraio di quest’anno, il giorno dell’invasione.

Gentiloni: “rapporti ottimi ed eccellenti”

La sconfitta nel referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 portò alle dimissioni di Renzi, e al suo posto arrivò Paolo Gentiloni, già ministro degli Esteri nel governo precedente, e oggi Commissario europeo agli affari economici. Gentiloni incontra Putin a Sochi il 17 maggio del 2017, e definisce “ottimi ed eccellenti” i rapporti con la Russia. In quell’occasione vengono firmati altri sei accordi di collaborazione nel settore energetico, in un anno in cui gli scambi tra i due paesi crescono sensibilmente. Nessuna presa di posizione in merito alle accuse di aver influenzato le elezioni americane e il referendum sulla Brexit con attacchi cibernetici e diffusione di fake news. Business as usual.

Conte, Salvini, e i militari russi a Bergamo

La nascita del governo gialloverde M5S-Lega nel 2018, dopo le elezioni del 4 marzo, porta nuova linfa alle già floride relazioni tra Italia e Russia. Entrambi i partiti non fanno mistero di essere vicini alle istanze russe, soprattutto in tema di sanzioni, e già nel discorso d’insediamento il 5 giugno, il nuovo premier Giuseppe Conte affermava: “Saremo fautori di un’apertura alla Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale nelle crisi geopolitiche”. Conte si fece poi sostenitore di un reintegro della Russia nel G8, dopo l’estromissione del 2014. Vicepremier del governo Conte I è Matteo Salvini, che ha elevato Putin a modello politico, e quando nell’autunno del 2018 si reca a Mosca su invito di Confindustria Russia, dirà di “sentirsi a casa, a differenza che in altre capitali europee”. La settimana dopo a Mosca arriverà Conte, che parlando di “sanzioni come mezzo e non come fine” si schierò a favore di una sua rimozione. Ma forse il punto più alto dei rapporti tra i due paesi lo si raggiunge nel marzo del 2020: l’Italia è in piena emergenza Covid, e il governo Conte II accetta l’aiuto dei russi, che con l’operazione “Dalla Russia con amore” provvedono ad inviare al nostro paese mascherine, ventilatori e dispositivi di protezione, oltre ad igienizzare alcune residenze per anziani nella bergamasca. Una missione umanitaria, che però lascia molte ombre, visto il numero di militari impiegati (72, a fronte di 28 medici e quattro infermieri). Sulla vicenda ha indagato il Copasir, non riscontrando elementi di spionaggio, ma le finalità di quell’operazione restano controverse, e in ogni caso confermano l’alto livello delle relazioni tra Italia e Russia, andato avanti per oltre venti anni e ora ridotto ai minimi termini, in seguito all’invasione dell’Ucraina.

Tutto merito di Mario Draghi? Difficile, visto che quest’ultimo inizialmente spingeva per sanzioni lievi (ricorderete la frase “gli italiani preferiscono vendere beni di lusso ai russi piuttosto che la vita degli ucraini”, pronunciata da un funzionario del governo di Kiev) ed aveva un programma un incontro con Putin a Mosca prima che lo scoppio della guerra fermasse tutto. Il cambio di rotta sembra essere imposto dai fatti, anche se il Putin che ora viene trattato come un paria è lo stesso che veniva considerato un interlocutore affidabile dai nostri leader, quando incarcerava e assassinava oppositori politici e giornalisti scomodi, bombardava la Cecenia, la Georgia e la Siria. Si è finto di non vedere perché l’economia aveva la precedenza. Quando tutto questo (si spera il prima possibile) finirà, le relazioni del nostro paese con la Russia torneranno quelle amichevoli di prima o si è raggiunto un punto di non ritorno? Questa storia dimostra come il mondo cambi in fretta, e come possano ancora cambiare con il volgere degli eventi.

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