Quotidianamente, avendo a che fare con la politica, sentiamo parlare di Prima, Seconda e Terza Repubblica. Nella vicina Francia la distinzione tra le varie Repubbliche (I, II, III, IV e V) è universalmente riconosciuta, poiché frutto di processi storici politico-istituzionali. Al contrario nel nostro Paese questi termini sono figli del giornalismo, seppur siano ormai accettati anche dalla storiografia. Tuttavia scandire inizio e fine di ognuna risulta estremamente complicato, complice anche la stretta contemporaneità degli avvenimenti.
Sicuramente la Prima Repubblica è quella con una periodizzazione più chiara e si inaugura nel 1948 con le prime elezioni politiche dopo il Referendum istituzionale. A dominare è un giovane partito, erede del Partito Popolare Italiano: la Democrazia Cristiana, che, già uscita trionfante dall’Assemblea Costituente, ottiene il 48% di preferenze alla Camera[1] e al Senato[2]. Si instaura così la sua lunga egemonia che la vedrà primo partito fino al 1992.
È proprio in quell’anno che con lo scandalo Tangentopoli e l’inchiesta “Mani Pulite” i partiti finiscono di sgretolarsi, già compromessi dalla dura prova dei cambiamenti nell’assetto geopolitico mondiale. Ci si rende conto in fretta che si è arrivati a un punto di non ritorno, la repubblica dei partiti è finita e l’opinione pubblica è cambiata.
Il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro cerca di sanare il terremoto politico attraverso un governo che accompagni gli italiani a nuove elezioni, a distanza di soli due anni dalle precedenti. L’incarico viene conferito a Carlo Azeglio Ciampi, Governatore della Banca d’Italia e seppur composto prevalentemente da politici è il primo governo guidato da un tecnico nella storia repubblicana.
“L’Italia è il Paese che amo”, è con l’incipit di questo famoso discorso che si può dare i natali alla Seconda Repubblica. Siamo nel 1994, Silvio Berlusconi in un videomessaggio televisivo annuncia la sua discesa in campo. Si vota con la legge elettorale denominata “Mattarellum”, approvata l’anno prima e volta al bipolarismo, che vede vincere la coalizione di centro-destra con il partito fondato da Berlusconi, Forza Italia, primo per preferenze.
Da non trascurare, in questo nuovo capitolo, anche la nascita di un partito come la Lega Nord, unione di più movimenti autonomisti regionali, con l’obiettivo l’indipendenza della Padania, sulla scia degli avvenimenti di Tangentopoli al grido di “Roma ladrona”.
Difficile decretare una data che segni la fine della Seconda Repubblica, che rispetto alla Prima non ha visto un terremoto che ne ha scosso le fondamenta. Si può però provare a trovare degli avvenimenti significativi che possano essere sintomo di un nuovo cambiamento. Le dimissioni del IV governo Berlusconi nel 2011 sono il primo pezzo a saltare di un puzzle che sta per disintegrarsi. Si aggiunge l’affidamento dell’incarico di un governo tecnico al neo-senatore a vita Mario Monti.
Le elezioni del 2013, le prime in cui l’affluenza alle urne scende sotto l’80%, portano alla fine del progettato bipolarismo, con l’ingresso in Parlamento del Movimento 5 Stelle. A dare il colpo di grazia alla Seconda Repubblica ci pensano però le elezioni del 2018 che vedono il Movimento 5 Stelle ottenere oltre il 32% dei consensi alla Camera[3] e al Senato[4]. Non di meno conto la Lega Nord che sorpassa Forza Italia diventando il primo partito della coalizione di centro-destra.
Il 5 marzo 2018 Luigi Di Maio annuncia l’inizio della Terza Repubblica, quella dei cittadini italiani[5], quasi tre mesi dopo nasce il governo giallo-verde guidato dall’avvocato Giuseppe Conte. Due gli esecutivi guidati dall’avvocato, il primo giallo-verde combinazione di colori che fa riferimento ai grandi partiti di governo: M5S e Lega, il secondo giallo-rosso con riferimento al M5S e PD.
La Prima Repubblica è considerata la Repubblica dei partiti, dove le ideologie chiare e distinguibili hanno il loro punto di riferimento nella cabina elettorale. La distinzione tra due visioni del mondo, tra destra e sinistra è netta, talmente netta che a regolare equilibri c’è l’egemonia del centro sotto lo scudo crociato della Democrazia Cristiana. La “balena bianca” riesce a sfruttare a suo vantaggio gli avvenimenti nazionali più problematici del periodo ed è questa la sua lunga fortuna, il saper riuscire a navigare anche quando il mare risulta in tempesta. Solo in un’occasione, nelle elezioni europee del 1984, verrà superata dal PCI colpito e premiato dalla recente morte del suo segretario Enrico Berlinguer.
In questi anni le sezioni politiche locali non solo solamente un punto di incontro e di confronto, ma un ambiente dove istruirsi sul pensiero. I partiti fungono da vera e propria Chiesa che ti accompagna dalla nascita alla morte. Ogni territorio ha il suo piccolo spazio dove le decisioni vengono prese e gestite nell’interesse locale e nazionale. Nelle piazze le guide a capo dei partiti riescono a raccogliere le folle con discorsi appassionati che rappresentano a pieno gli ideali di una posizione politica e a prevalere è sempre il gruppo e mai il singolo.
I partiti sono grandi contenitori dove risiedono più posizioni e schieramenti che alimentano i dibattiti interni e favoriscono la vitalità del gruppo. È proprio la rappresentanza il fulcro della Prima Repubblica, innanzitutto interna ai gruppi politici e poi all’interno del Parlamento. L’esperienza traumatica del fascismo ha portato alla scelta di un sistema prettamente proporzionale dove tutti possano essere rappresentati e tale scelta ha per forza di cose come conseguenza governi deboli perché sostenuti da più partiti che a proprio piacimento possono togliere la fiducia. Non a caso la durata media degli esecutivi durante la Prima Repubblica è di meno di undici mesi. Sintomo anche di un’aria che sta per cambiare, nel 1983 si instaura il I Governo Craxi, primo a guida socialista, che con i suoi 1058 giorni effettivi sarà il più longevo della Prima Repubblica.
E sono proprio le problematiche dell’instabilità a portare con la Seconda Repubblica alla ricerca del bipolarismo e di un sistema prettamente maggioritario. La dissoluzione dell’Unione Sovietica porta uno scossone anche in Italia dove il PCI tenta una sofferta evoluzione post-comunista. Con Tangentopoli si dissolvono PSI e DC che vedono un vero e proprio divorzio di quelle anime che convivevano fino a poco tempo prima sotto lo stesso simbolo, spostandosi un po’ in quel che è il nuovo centro-destra e un po’ in quel che è il nuovo centro-sinistra. Le ideologie non sono più proprie, ma si fondono in anime diverse con nuove guide. È proprio la leadership la vera protagonista della Seconda Repubblica, i partiti sono riconosciuti e identificati con il suo leader, questo stile politico anticipato da Craxi viene ereditato con successo da Berlusconi.
Il tanto ricercato bipolarismo viene cancellato con un colpo di sapone nelle politiche del 2013 dove il Movimento 5 Stelle ottiene il 17% delle preferenze. Il partito (o movimento che dir si voglia) anti-sistema raccoglie i malcontenti di una fetta di popolazione. L’entrata sulla scena politica di Beppe Grillo, comico, che con i suoi v-day nel 2007 ha riempito le piazze è l’esempio della ricerca di una collettività contro una casta chiusa nei palazzi. Il comico genovese nel 2009 annuncia la volontà di candidarsi alla segreteria del PD che ne rigetta la domanda. Emblematico il commento del dem Piero Fassino che in un intervento televisivo[6] invita Grillo a fondare un partito per vedere quanti voti è in grado di prendere.
Si è in una situazione di delegittimazione dei partiti che fa del populismo il protagonista indiscusso della Terza Repubblica. I leader di alcuni partiti fanno infatti riferimento al “popolo” nella sua accezione più generale nei discorsi, nei programmi, per mettersi in contrapposizione con altri gruppi e schieramenti cercando un nemico comune “a palazzo” e ponendosi come alternativa ad esso. Impossibile non dare le responsabilità dell’infezione del populismo ai media e all’assetto democratico risulta in crisi, vecchio di settant’anni e da riformare. Ci prova Matteo Renzi nel 2016 con un Referendum Costituzionale che non passa. Sorte differente tocca al Referendum del 2020 sul taglio dei parlamentari che senza alcuna riforma collegata raggiunge quasi il 70%[7] di sì.
Nel marasma della Terza Repubblica, dove il protagonista indiscusso è il populismo, ci si aggrappa però ai capisaldi istituzionali, in parte per cercare sicurezza e in parte perché i partiti e i loro leader non riescono a dialogare. Nel 2013 per la prima volta viene rieletto un Presidente della Repubblica, si tratta di Giorgio Napolitano, che con i suoi 87 anni, accetta un secondo mandato. Medesima sorte tocca a Sergio Mattarella che pochi mesi fa ha dovuto svuotare gli scatoloni già pronti per il trasloco.
Le elezioni presidenziali del 2013 hanno evidenziato la grande problematica dell’incomunicabilità tra guide dei partiti e parlamentari del proprio gruppo, la rielezione di Napolitano è arrivata infatti dopo l’affossamento del candidato Romano Prodi da parte dei franchi-tiratori, una specie autoctona della Prima Repubblica tornata a gamba tesa nella terza.
La repubblica parlamentare è in crisi, nonostante con la XVIII Legislatura si sia tornati a una situazione di partitismo, dove i governi sono appesi a un filo di percentuale. Cosa cambia è invece l’utilizzo, talvolta considerato eccessivo, della questione di fiducia da parte dei governi che sminuiscono il ruolo parlamentare. Continuano a crescere i partiti parlamentari ed extra, le personalità non riescono a stare chiuse nel cerchio del loro simbolo e decidono di crearsi un luogo tutto loro, dove avere spazio e risonanza.
Se quindi dalla prima Repubblica si eredita il partitismo, l’instabilità governativa e un sistema elettorale prettamente proporzionale e confusionario dalla seconda si ereditano le leadership, la ricerca di un semipresidenzialismo e riformismo mancato.
Si può dire che la Terza Repubblica, annunciata felicemente da Luigi Di Maio nel 2018 sia sì una fase di cambiamento, ma che ha ereditato pesantemente vizi e deficit delle prime due. Difficile stabilire il futuro e l’andamento di questa repubblica, instabile e in continuo movimento. Può essere ancora quella di cambiamento o può solo essere un cocktail, un mojito di quelli amati dal senatore Salvini, dove i peggiori ingredienti delle prime due sono mischiati sterilmente. Un mojito che prima o poi finirà e che ci porterà chissà dove.
[1] https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=C&dtel=18/04/1948&tpa=I&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S
[2] https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=S&dtel=18/04/1948&es0=S&tpa=I&lev0=0&levsut0=0&ms=S&tpe=A
[3] https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=C&dtel=04/03/2018&es0=S&tpa=I&lev0=0&levsut0=0&ms=S&tpe=A
[4] https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=S&dtel=04/03/2018&es0=S&tpa=I&lev0=0&levsut0=0&ms=S&tpe=A
[5] https://video.corriere.it/di-maio-oggi-inizia-terza-repubblica/5f5babf0-206c-11e8-a659-e0c6f75db7be
[6] https://video.repubblica.it/embed/edizione/torino/la-prima-profezia-di-fassino-grillo-fondi-un-partito-vediamo-quanti-voti-prende/200707/199756
[7] https://elezionistorico.interno.gov.it/index.php?tpel=F&dtel=20/09/2020&es0=S&tpa=I&lev0=0&levsut0=0&ms=S&tpe=A