Possiamo dire che negli ultimi 7 giorni abbiamo davvero assistito alla (ennesima) fiera della mascolinità tossica.
Non è stato facile scrivere queste 500 parole vista la magnifica uscita dell’imprenditrice Elisabetta Franchi da un lato e le molestie portate avanti a Rimini al raduno degli alpini dall’altro. Si perché di vere e proprie molestie si tratta, ed è anche arrivato il momento di chiamare le cose con il loro nome.
Ma andiamo con ordine.
Elisabetta Franchi, in un intervento fatto nel corso dell’evento organizzato a Milano da Il Foglio e PwC Italia sul tema Donne e Moda, ha sostenuto che per i ruoli Dirigenziali è sempre meglio puntare su uomini o in alternativa su donne “-anta”, che hanno il pregio di aver già figliato e dunque possono dedicare la totalità del loro tempo all’azienda.
Non solo la Franchi in 2 minuti di intervento ha riassunto tutti i tratti tipici della società patriarcale che chiunque – ma ancor più una donna imprenditrice – dovrebbe cercare di combattere ma, altresì, ha anche elogiato il sistema per il quale ad oggi è diventato di moda lavorare con ritmi estenuanti, dedicando il 99% del proprio tempo al lavoro e l’1% a vivere. Quando ho raccontato a dei miei amici danesi come l’uscire dall’ufficio alle 22.00 ogni giorno in Italia sia diventato uno status symbol che rende fighi ed emancipati, loro mi hanno guardato come se fossi un alieno e mi hanno chiesto perché non ci godessimo anche un po’ la vita. Come dargli torto?
Ad ogni modo, non contenta delle sue parole, la Franchi ha deciso anche di postare una bella storia nel giorno della festa della mamma, vantandosi di non assumerle. Alla fine ha capito che forse era meglio scusarsi, affidando il tutto ad un comunicato nel quale ha sostenuto di essere stata fraintesa e strumentalizzata (che novità), che nella sua azienda l’80% dei dipendenti sono donne e che nel settore della moda «di fatto le donne sono tuttora costrette a scegliere tra l’essere madri ed essere donne lavoratrici». Ma a questo punto mi chiedo: chi dovrebbe invertire la rotta e modificare il sistema se non chi all’interno di quel settore ci lavora? Come direbbe ZeroCalcare, la domanda mi devasta.
Il secondo grande avvenimento della settimana, sono state le molestie denunciate da “non una di meno” nei confronti di alcune donne durante il raduno degli alpini che si è tenuto a Rimini.
Se si è garantisti, lo si deve essere sempre e quindi anche quando si è particolarmente arrabbiati come in questo momento, per cui non mi esprimerò in merito agli autori e ai fatti denunciati, se non evidenziando come andare a dire “hai delle bellissime gambe” ad una ragazza che incroci per la strada o fischiarle dietro come se fosse un cane è a tutti gli effetti una violenza e come tale deve essere chiamata e perseguita.
La cosa che più mi sconvolge, eppure, resta quella che alcune parti della società e della politica continuino imperterrite a difendere la mascolinità tossica, intrise dei valori di una società patriarcale in cui all’uomo è sempre tutto concesso.
Vedere l’assessore alle pari opportunità sostenere che «senza ombra di dubbio se ci sono state delle molestie queste non sono venute dagli alpini e chi getta fango sugli alpini dovrebbe vergognarsi soprattutto se viene dal nord» per poi concludere con fierezza che «se alla fine uno mi fa un sorriso o mi fischia dietro perché son bella, io sono pure contenta», non mi genera nemmeno più rabbia ma solo sconforto.
Siamo al paradosso che chi si dovrebbe vergognare va in TV a dire agli altri di farlo. E purtroppo ci siamo ormai da troppo tempo.
Le 500 parole di AQTR tornano la prossima settimana.