“Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle
precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”. Così recita l’art.61 della nostra Costituzione.
Salvo imprevisti, o meglio sorprese dell’ultimo momento, nel 2023 si tornerà finalmente alle elezioni politiche. Momento storico in cui il popolo tornerà protagonista del suo destino, questa volta con un numero ridotto dei parlamentari e quindi della rappresentanza politica in seguito al Referendum Costituzionale del 2020 che ha tagliato del 36,5% i componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera dei deputati, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato. Dato che sta facendo agitare notevoli parlamentari di tutte le forze politiche vista la paura, per molti di loro, di non essere rieletti e nemmeno ricandidati.
Se questa legislatura ha visto il cambio di ben tre Governi, Conte I, Conte II, e in ultimo Draghi, e la nascita di partiti come Italia Viva, Azione, Cambiamo ed altri movimenti (in ultimo il gruppo parlamentare di Insieme per il Futuro, capeggiato da Luigi Di Maio), e innumerevoli cambi di casacca con oltre 261 parlamentari che da inizio legislatura hanno cambiato partito, la prossima legislatura non promette nulla di roseo in relazione alla stabilità politico governativa che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrà individuare con un non facile compito.
Dal lato delle coalizioni, se quella di centrodestra non sembra avere dubbi in merito alle alleanze, con Giorgia Meloni, in un testa a testa con Salvini che pare tuttavia assolutamente indietro rispetto alla leader di Fratelli d’Italia che si candida a guidare il Paese da leader, molti interrogativi si pongono invece per la coalizione di centrosinistra e soprattutto sulle prossime mosse di Matteo Renzi e Carlo Calenda che non sembrano nutrire particolare “simpatia politica” per il segretario Enrico Letta, ma anche sul futuro del Movimento 5 stelle a guida Conte a seguito della spaccatura dovrà modificare sicuramente la sua opinione.
Una buona strategia potrebbe essere quella di passare direttamente all’opposizione per cercare di risalire nei sondaggi, con il forte rischio di perdere dei “pezzi” ulteriori in quella che è apparsa una ferita profonda all’interno del movimento.
In uno scenario quanto mai instabile, con la pandemia che comunque non cessa e la conseguente alea delle dosi di vaccino da somministrare in futuro, il tema più rilevante su cui basare la prossima campagna elettorale, oltre all’aumento dei prezzi, delle materie prime, della disoccupazione in aumento, dei progetti del PNRR, sarà quasi sicuramente il conflitto attuale in terra Ucraina insieme al ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale; i punti su cui basare maggiormente la campagna elettorale.
Da considerare, non da meno, l’ipotesi di posticipare il voto per il prossimo Parlamento, che esiste e viene discussa dietro le quinte, tra deputati e senatori di diversi gruppi politici. Fonti qualificate parlano di un possibile slittamento delle elezioni politiche di tre o quattro mesi, in sostanza da fine inverno a maggio-giugno del prossimo anno, sempre nel caso in cui il conflitto in Europa non fosse ancora terminato e la situazione economica fosse particolarmente grave, legata soprattutto al caro-energia che inevitabilmente avrebbe conseguente più pesanti durante la stagione invernale.
C’è da tenere in considerazione anche il polo centrista che, nostalgico dei fasti della prima repubblica, sta provando a riorganizzarsi sul territorio nazionale, soprattutto dopo la morte di uno dei personaggi di spicco di quella che fu la DC, Ciriaco De Mita.
Insomma pronostici alla mano, le percentuali degli ultimi sondaggi, fonte Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, danno Fratelli d’Italia primo partito al 22,2% e salirebbe al 25% se si presentasse da solo. A seguire il Partito Democratico con il 21.5%, la Lega con il 15.7% si posiziona in terza posizione. Quarto il M5S che se la gioca con Forza Italia, entrambi attestati intorno all’8.5%.
A seguire +Europa-Azione al 4.8%, mentre Per l’Italia con Paragone-Italexit al 2.9%. La Federazione dei Verdi si attesterebbe al 2.5%, segue Italia Viva stabile al 2.3%. All’1,6% Sinistra Italiana, mentre all’1.5% Mdp-Articolo1, pronta a confluire nel partito democratico. Infine altri di centrodestra risultano allo 0.7%.
Incognita Di Maio che dovrà essere testato sulla base di cosa deciderà di fare concretamente a settembre.
Quanto agli schieramenti il centrodestra raggiungerebbe il 47.1%, mentre il centrosinistra il 37.1%. Gli altri di centrosinistra (+Europa, Azione, Iv) hanno complessivamente il 9.6%. Inoltre Ghisleri ha simulato lo scenario che prevede una possibile divisione nel centrodestra. Se Fdi si presentasse separato dagli altri partiti della coalizione otterrebbe il 24.9%, due punti in più rispetto all’ipotesi di coalizione attuale. Se infine si formasse una formazione politica che unisse Lega e Forza Italia, questa prenderebbe il 20.1%, quattro punti in meno rispetto alla condizione attuale che vede le due forze politiche autonome e separate.
Insomma attualmente nessuna coalizione sembrerebbe avere una maggioranza tale da poter governare da sola e lo scenario politico appare più instabile che mai.
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Volendo citare Alessandro Manzoni: “Ai posteri l’ardua sentenza”